• Avenue Louise, 500 B1050 Bruxelles

En sp Fr

  • Scrivici

    info@inplobbying.com

Il terrorismo e il paradosso della società aperta

  • Editorial Board INP
  • News
  • Read 432 times Last modified on Martedì, 03 Novembre 2020 12:28

In questi giorni il “nemico” - se si vuole utilizzare un termine mutuato dal linguaggio bellico - delle società occidentali e non solo , ha assunto le forme di un virus potenzialmente letale e in grado di mettere in ginocchio l’economia e il benessere delle nostre città.

Eppure, fino a qualche tempo fa, incombe(va) una minaccia altrettanto pericolosa e per certi versi ancora più temuta: il terrorismo.

Messi in comparazione, il covid e il terrorismo hanno un elemento in comune; entrambi li avvertiamo come un male che proviene dall’esterno e che si è insediato pericolosamente nelle nostre vite, minando il nostro benessere fisico, sociale ed economico. Fortunatamente ogni male ha il suo antidoto. Se per il covid siamo in attesa di un vaccino, molto più complesso è l’antidoto al terrorismo. Le ultime settimane quello che sta accadendo in Francia deve fare riflettere. Qualche giorno fa un ventunenne di origine tunisine, Brahim Aoussaoui, entra nella cattedrale di Nizza e uccide tre persone al grido di Allah Akbar; questo episodio segue un'altra uccisione, quella del Professore Samuel Paty, decapitato per aver mostrato in classe alcune vignette del periodico satirico Charlie Hebdo , quelle stesse vignette che costarono la vita nel 2015 a 12 persone.

 

Samuel Paty è stato venduto da due studenti per poche centinaia di euro. Voleva insegnare loro il valore della libertà di espressione e ha pagato con la propria vita. Questo tipo di attentati, ad opera di quelli che gli studiosi definiscono “lupi solitari”, perché privi di una cellula organizzata alle spalle che fornisca loro ordini e risorse, pone diversi interrogativi : “ l’integrazione è possibile con chi concepisce il proprio credo come qualcosa di non negoziabile? Stiamo assistendo a quello “scontro di civiltà” così come teorizzato dal politologo statunitense Samuel P. Huntington? C’è chi potrebbe sostenere, a ragione, che la religione islamica non c’entra nulla con l’armarsi di un coltello e sgozzare dei civili. Sono d’accordo. I musulmani che rispettano i valori della convivenza civile sono la maggioranza nel mondo.

È innegabile però che questi attentati sono compiuti al grido di Allah Akbar. Disagio sociale, mancata integrazione, stato di povertà: sono tante le motivazioni che possono portare un individuo a esercitare la propria brutalità e a rifugiarsi in un credo religioso – di cui spesso non conosce veramente i precetti – per dare una veste al suo bisogno di esercitare la violenza. In questi giorni si leggono opinioni di persone molto autorevoli che iniziano a sostenere che no, nessuna vignetta può giustificare il massacro di qualcuno MA forse dovremmo ripensare il modo in cui ci rapportiamo alla cultura islamica e dovremmo stare attenti a non offenderli. Il punto è : chi decide il livello di offesa? Chi può giudicare il limite oltre il quale non ci si può spingere?

E quindi: la libertà di espressione ammette eccezioni? La risposta a quest’ultima domanda è No, non ammette eccezioni. E’ il paradosso della società aperta così come teorizzato dal filosofo austriaco Karl Popper: “La tolleranza illimitata porta alla scomparsa della tolleranza. Se estendiamo l’illimitata tolleranza anche a coloro che sono intolleranti, se non siamo disposti a difendere una società tollerante contro gli attacchi degli intolleranti, allora i tolleranti saranno distrutti e la tolleranza con essi.” La libertà di espressione è alla base della laicità dello Stato. E’ alla base della nostra libertà, e la libertà non è un valore negoziabile.

Editorial Board INP

Rate this item
(0 votes)